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Apparecchiature elettromedicali

Cosa si intende per apparecchi elettromedicali

In generale un Dispositivo Medico è uno strumento che viene utilizzato in ambito medico a scopo diagnostico o terapeutico. In tema di apparecchi elettromedicali possiamo citare quanto indicato dalla norma CEI 62-5 e per un’informazione più completa, è corretto riportare anche quanto specificato dalla direttiva 93/42/CEE: “Dispositivo medico munito di non più di una connessione ad una particolare sorgente di alimentazione destinato alla diagnosi, al trattamento o alla sorveglianza del paziente e che entra in contatto fisico o elettrico col paziente e/o trasferisce energia verso o dal paziente e/o rileva un determinato trasferimento di energia verso o dal paziente. Il dispositivo comprende anche quegli accessori, definiti dal costruttore, che sono necessari per permettere l’uso normale del dispositivo”.

Gli apparecchi elettromedicali sono sempre più utilizzati in medicina, perchè fornisco un validissimo aiuto alla competenza terapeutica del dottore. Anche noi, nelle nostre case, possiamo essere in grado di utilizzare con la massima semplicità, questi apparecchi, o almeno alcuni, senza riscontrare alcun genere di problema. Possiamo definire elettromedicali, apparecchiature quali:

  • elettrostimolatori
  • aerosol
  • inalatori termali
  • tens
  • ionoforesi
  • sfigmomanometri
  • apparecchi per magnetoterapia
  • apparecchiature ad ultrasuoni

Magnetoterapia

Come indicato dal nome, la magnetoterapia è una tecnica che sfrutta i campi magnetici per ristabilire l’equilibrio bio chimico cellulare esclusivamente a fini terapeutici e curativi. Più semplicemente, ogni cellula del nostro corpo presenta una determinata carica elettrica, che in caso di traumi o patologie, tende a diminuire e diventa la causa di infiammazioni e dolore. Applicare in questi casi Campi Elettro Magnetici Pulsati (da qui l’acronimo CEMP di cui avrete sentito parlare se vi siete informati a riguardo) ristabilisce la corretta polarizzazione cellulare e quindi il loro corretto funzionamento bio molecolare. Detta così può sembrare semplice, ma nella realtà dei fatti è sempre bene tenere chiari alcuni concetti che sono alla base della riuscita di un trattamento.

Cosa si cura con la magnetoterapia

Il trattamento con la magnetoterapia favorisce la rigenerazione dei tessuti favorendone allo stesso tempo la vascolarizzazione e diminuendo quindi sensibilmente i tempi di recupero, specialmente nei casi in cui questi faticano a riformarsi. Sono molte le applicazioni in cui la magnetoterapia trova campo fertile, specialmente per ciò che riguarda le patologie e terapie riabilitative riguardanti il tessuto osseo, dove questo tipo di terapia è veramente eccezionale nei risultati. Non a caso, infatti, la magnetoterapia trova vaste applicazioni ad esempio nei trattamenti post operatori di intervento all’alluce valgo, oppure di intervento al ginocchio, o al femore, solo per citarne alcuni, ma tra le applicazioni più comuni troviamo il trattamento di distorsioni, fratture, riassorbimento degli edemi e anche infiammazioni locali più o meno semplici come l’epicondilite.
Come già anticipato, con la magnetoterapia è possibile anche trattare una serie di patologie croniche come ad esempio tendiniti, artrosi, artrite e osteoporosi, che spesso affliggono le persone anziane di più tarda età.

Vantaggi della magnetoterapia

Anche se è sempre opportuno fare dei cicli di magnetoterapia dietro prescrizione o consiglio medico, è innegabile che i vantaggi nell’usarla sono molti e rendono la magnetoterapia molto più appetibile rispetto ad altre terapie “equivalenti”.

  • la magnetoterapia è una terapia sicura
  • non ha effetti collaterali per l’organismo
  • non intossica l’organismo come farebbe un antinfiammatorio medicinale
  • non si hanno fastidi fisici durante il ciclo terapico (non provoca nè dolori nè fastidi sulla parte trattata)
  • si può fare a casa propria, senza andare in centri specializzati, anche di notte mentre si dorme
  • gli apparecchi per magnetoterapia domiciliari sono tutti portatili
  • in caso di sovradosaggio non ci sono rischi per la salute
Differenza tra magnetoterapia a bassa ed alta frequenza
Esistono tre tipologie di magnetoterapia: statica, ad alta frequenza e a bassa frequenza. A causa dei risultati poco soddisfacenti della magnetoterapia di tipo statico, in passato da subito abbandondata, ci concentreremo sui modelli ad alta e bassa frequenza, iniziando subito col dire che entrambe sono di tipo CEMP, ovvero a Campi Elettro Magnetici Pulsati. Questo termine, molto di moda tra i terapisti che prescrivono la magnetoterapia domiciliare, significa semplicemente che l’emissione del campo magnetico avviene ad una determinata frequenza, più precisamente nell’ordine di 5-100 Hz per i modelli a bassa frequenza, e nell’ordine di diversi MegaHz per i modelli ad alta frequenza. Ma quali sono effettivamente le differenze tra i due modelli?
Benchè il nome possa trarre in inganno, gli apparecchi per magnetoterapia a bassa frequenza riescono a curare un spettro di patologie più ampio e in un tempo sensibilmente minore, rispetto gli apparecchi per magnetoterapia ad alta frequenza. In realtà, cercare di curare patologie su tessuto osseo come fratture del femore o dell’anca con un apparecchio ad alta frequenza potrebbe costringerci a fare terapie molto lunghe e poco efficaci, con tempi di recupero che possono anche raddoppiare rispetto ad una bassa frequenza.
Il modello ad alta frequenza si comporta meglio coi tessuti molli come tendini e cartillagini, ma anche in questo caso le performance, rispetto ad un apparecchio a bassa frequenza, non sono equiparabili. Per avere un’idea più precisa, si consideri che la magnetoterapia, già di suo, porta risultati soddisfacenti sul medio-lungo termine. Quindi, con un apparecchio a bassa frequenza che dovrà aiutarvi con una frattura del femore, aspettatevi anche 40-50 giorni di trattamento (in questo caso la durata del periodo va in funzione della dimensione della parte da trattare).

Magnetoterapia: controindicazioni

Sono in molti a chiedersi se i trattamenti con la magnetoterapia hanno controindicazioni o possono essere dannosi per la propria salute. Fare dei cicli curando una patologia con la magnetoterapia non è un trattamento invasivo per il corpo, in quanto i campi emessi dal solenoide sono di tipo non ionizzanti, cioè si limitano ad un’azione bio-fisica sulla membrana cellulare e non vengono assorbiti nè dagli organi interni nè dai tessuti (a differenza ad esempio dei raggi-X, che invece sono ionizzanti e quindi pericolosi per la salute). Tuttavia, in particolari casi se ne sconsiglia l’utilizzo ed è buona cosa attenersi alle avvertenze riportate nel manuale d’uso fornito con l’apparecchio e comunque utilizzarla sempre dietro prescrizione medica. L’utilizzo della magnetoterapia è ad esempio sconsigliata nei casi di gravidanza e allattamento, nei casi di malattie virali, patologie cardiache e portatori di pacemaker, nei pazienti affetti da diabete giovanile, micosi, in casi di ipertiroidismo, patologie tumorali, nei bambini e nei portatori di protesi magnetizzabili (anche se oramai queste sono fuori produzione già da diversi decenni).

Elettrostimolazione

L’elettrostimolazione è quella metodica fisioterapica che prevede l’utilizzo di un apposito apparecchio denominato elettrostimolatore, il quale è deputato a stimolare le contrazioni muscolari tramite impulsi elettrici.  Ciò è possibile, in quanto gli elettrodi applicati al corpo generano un campo elettrico in grado di raggiungere le placche motrici e, dunque, di stimolare la contrazione del muscolo.
Questa tecnica nacque negli anni settanta a scopi riabilitativi e fisioterapici (effetto antalgico, antinfiammatorio e recupero del trofismo muscolare), ma oggi è utilizzata anche in altri campi: si pensi, ad esempio, al settore estetico (dimagrimento, linfodrenaggio) o a quello sportivo (recupero muscolare, allenamento atletico). L’elettrostimolatore, lo ricordiamo, produce micro-impulsi elettrici a bassa frequenza che stimolano la contrazione dei muscoli; a tal fine è necessario posizionare gli elettrodi in base alla parte delcorpo che si intende stimolare.

Benefici

L’elettrostimolazione può essere utilizzata per diversi scopi, e si può indirizzare la sua funzione verso uno specifico obiettivo variando i parametri di tipo d’impulso, frequenza, durata,  intensità e latenza.
In riabilitazione ad esempio si può utilizzare per migliorare il tono e il trofismo muscolare sia in seguito ad un trauma che ha costretto il paziente ad un’immobilizzazione di un arto ad esempio, sia per velocizzare la ripresa nella fase post-acuta. Si utilizza poi per sollecitare un muscolo denervato per evitarne la degenerazione.Nel settore dell’estetica, invece, l’elettrostimolatore, cui generalmente è abbinata una cintura (o fascia) addominale elastica,  viene utilizzato per dimagrire, rassodare e combattere l’inestetismo della cellulite; la contrazione muscolare, infatti, favorisce la lipolisi (il processo che permette al corpo di bruciare i grassi), la tonicità e il drenaggio dei liquidi. In ambito sportivo l’elettrostimolazione è ampiamente utilizzata dagli atleti per migliorare il proprio tono muscolare e per completare la preparazione atletica; questa metodica, infatti, favorisce la potenza della fibra muscolare, tutela il sistema muscolo-tendineo e defatica il muscolo al termine dello sforzo.

TENS

TENS è l’acronimo di TransCutaneous Electrical Nerve Stimulation (stimolazione elettrica nervosa transcutanea), una tecnica medica complementare, utilizzata soprattutto per controllare alcune condizioni dolorose acute o croniche.
La TENS consiste nell’applicazione sulla cute di lievi impulsi elettrici, che attivano fibre nervose di grosso diametro riducendo la percezione del dolore.
L’effetto antalgico della TENS è quindi da attribuire all’inibizione delle afferenze nervose coinvolte nella trasmissione nocicettiva (teoria del controllo a cancello o del gate control). Secondo tale teoria, la percezione del dolore può essere modulata agendo su interneuroni spinali (non dolorifici), che grazie all’inibizione sinaptica agiscono sui neuroni deputati alla trasmissione delle informazioni dolorifiche. La teoria del controllo a cancello spiega la diminuzione della sensazione dolorifica prodotta dalla TENS e descrive come i segnali afferenti al midollo spinale possano influenzare la percezione del dolore. L’effetto terapeutico della TENS è da attribuire anche all’intervento di altri fattori, come la liberazione di neuropeptidi, tra cui le endorfine. La stimolazione elettrica nervosa transcutanea è, quindi, un metodo terapeutico non invasivo, efficace nel ridurre le manifestazioni dolorose causate da una vasta gamma di condizioni, tra cui artrite, mal di schiena, lesioni sportive e dolori mestruali. La TENS è comunemente applicata in ambito fisioterapico, ma può essere utilizzata anche come trattamento complementare ad altri approcci terapeutici per la gestione del dolore. Da solo, infatti, il metodo presenta meno probabilità di risultare efficace. L’applicazione della TENS è stata studiata per molte altre condizioni mediche, ma il beneficio che può apportare in alcune patologie è ancora controverso e sono necessarie ulteriori ricerche scientifiche prima che questa tecnica medica possa essere raccomandata in tali ambiti.

Cos’è la TENS

La TENS implica il passaggio di corrente elettrica a bassa tensione attraverso la pelle, allo scopo di stimolare alcune specifiche fibre nervose. Un generatore elettrico (unità di alimentazione o stimolatore) viene utilizzato per erogare impulsi indolori, i quali dovrebbero essere percepiti dal paziente come una sensazione di formicolio. Un tipico stimolatore TENS è in grado di modulare l’ampiezza dell’impulso, la sua frequenza e l’intensità. Generalmente, la corrente elettrica viene applicata ad alta frequenza (> 50 Hz), con un’intensità sensoriale o a bassa frequenza (<10 Hz), con una intensità che produce contrazione motoria. L’unità di alimentazione è collegata a livello cutaneo nella zona da trattare mediante due o più elettrodi, applicati alla pelle con cerotti adesivi riutilizzabili. Gli impulsi consentono di bloccare o ridurre i segnali di dolore che raggiungono midollo spinale e cervello, e possono potenzialmente alleviare gli spasmi muscolari e altri sintomi dolorosi.
Basse frequenze di corrente elettrica sono utilizzate anche per stimolare l’organismo a rilasciare neuropeptidi ed altri mediatori chimici (come encefaline, endorfine, oppiacei, sostanza P ecc.), che influenzano il modo in cui lo stimolo doloroso è percepito e trasmesso.
La frequenza, l’intensità ed il sito di applicazione del trattamento dipendono dalla condizione specifica e dagli obiettivi terapeutici, e rappresentano i parametri fondamentali da considerare per ottenere effetti ottimali durante e dopo la stimolazione elettrica. Di conseguenza, gli elettrodi possono essere collocati in varie regioni del corpo. Generalmente, quando l’unità di alimentazione è accesa, gli effetti sul dolore si registrano indicativamente dopo circa 40 minuti. Una volta che lo strumento è spento, alcune persone possono ottenere un sollievo di lunga durata, ma questo risultato non è comune. Attualmente, diverse sperimentazioni cliniche sono orientate a dimostrare l’affidabilità e la sicurezza della TENS. L’esperienza ha dimostrato che tale metodo è efficace solo per alcuni pazienti e l’esito terapeutico dipende fondamentalmente dalla condizione clinica individuale. La stimolazione elettrica nervosa transcutanea è spesso utilizzata nei soggetti che non possono assumere farmaci antidolorifici, a causa di intolleranze o di effetti collaterali indesiderati.
Un’applicazione alternativa della TENS, chiamata ionoforesi, consente la somministrazione di un farmaco per via transcutanea nell’organismo: una corrente continua permette di veicolare il principio attivo, attraverso la pelle, solo alla zona interessata, dove agisce per ridurre l’infiammazione e produrre un elevato effetto antalgico.

Potenziali applicazioni

La stimolazione nervosa elettrica transcutanea (TENS) è utilizzata in una varietà di contesti clinici per il trattamento di diverse condizioni associate a dolore acuto e cronico; nel corso degli anni è diventata popolare sia tra i pazienti che tra gli operatori sanitari.
La TENS è stata valutata in studi scientifici per i seguenti problemi di salute:

  • Diversi studi supportano l’efficacia della TENS per alcuni tipi di dolore; per questo, viene comunemente indicata come terapia fisica complementare nella gestione di una vasta gamma di condizioni acute o croniche.
  • Disturbi articolari. La TENS può essere applicata per alleviare vari tipi di disturbi articolari, come l’osteoartrite del ginocchio, la sindrome femoro-rotulea o il dolore all’articolazione temporo-mandibolare. Tuttavia, i benefici a lungo termine non sono ancora chiari.
  • Forza muscolare (prestazioni fisiche). La TENS è utilizzata con risultati incoraggianti anche per il recupero dopo l’esercizio fisico, suggerendo potenziali benefici anche in programmi di riabilitazione.
  • Dismenorrea. Diversi studi riportano che la TENS può ridurre il disagio a breve termine in caso di dolori mestruali, diminuendo la necessità di ricorrere a farmaci antidolorifici.
  • Disturbi nervosi. La TENS è stata proposta come trattamento per disturbi nervosi, quali emiplegia (paralisi su un lato del corpo) e spasticità nella sclerosi multipla. Il metodo è utilizzato anche per il dolore neuropatico (nevralgia) derivante da bruxismo (digrignamento dei denti) e nelle lesioni del midollo spinale.
  • Patologie cardiache. La TENS può essere usata come supporto al trattamento di alcune malattie cardiovascolari, come l’angina e l’ischemia Ulteriori studi sono necessari prima di poter trarre conclusioni circa l’efficacia della TENS in questo settore; pertanto, le persone con cardiopatia dovrebbero consultare un medico per valutare la possibilità di trarre benefici dalla TENS applicata alla propria condizione.
  • Dolore del travaglio. L’applicazione della TENS per il dolore del travaglio è controversa. Sebbene siano stati condotti diversi studi, i risultati non sono conclusivi. In particolare, non è chiaro se il passaggio di corrente elettrica possa provocare effetti dannosi sul feto.
  • Recupero post-operatorio. La TENS è impiegata per il trattamento del dolore dopo diversi tipi di intervento chirurgico, compresa la cardiochirurgia e quella addominale, polmonare, ginecologica ed ortopedica. Alcuni studi riportano benefici (meno dolore o minore necessità di ricorrere ad una terapia con antidolorifici), mentre altri non riscontrano un evidente miglioramento.
  • Lesioni dei tessuti molli. La terapia TENS è usata per il trattamento di lesioni dei tessuti molli, come tendinite e lesioni tendinee. Tuttavia, i risultati sono variabili e sono necessarie ulteriori ricerche.
  • Alzheimer. Una limitata quantità di rapporti di ricerca suggerisce che la TENS possa migliorare alcuni sintomi del morbo di Alzheimer, come l’umore e la memoria.
  • Malattie autoimmuni. La TENS può essere applicata anche come trattamento complementare per numerose malattie autoimmuni, tra cui l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante e la sindrome di Sjögren.
  • Difficoltà respiratorie. Alcune evidenze suggeriscono che la TENS potrebbe essere utile in caso di difficoltà respiratorie, se inserita in associazione ad altre terapie all’interno di un programma riabilitativo per la malattia polmonare ostruttiva cronica (BPCO).
  • Depressione. Sono disponibili prove limitate che la TENS possa aumentare l’efficacia dei farmaci antidepressivi e supportare efficacemente il trattamento della depressione, in combinazione con adeguate terapie.
  • Gastroparesi. Uno studio condotto su pazienti con gastroparesi trattati con la stimolazione nervosa elettrica percutanea (PENS) ha riportato effetti positivi. Non è chiaro se questi risultati potrebbero essere riscontrati anche applicando il metodo convenzionale.
  • Sclerosi multipla. In un piccolo studio, i pazienti con sclerosi multipla trattati con TENS hanno mostrato una tendenza al miglioramento.
  • Riabilitazione post-ictus. Alcune prove dimostrano l’utilità della TENS nella riabilitazione a seguito di un ictus. In particolare, questa tecnica può contribuire a migliorare la funzione motoria nei pazienti.
  • Disturbo da deficit d’attenzione ed iperattività (ADHD). Uno studio ha riscontrato un moderato beneficio nei bambini con ADHD.
  • Acufene. La TENS può alleviare i sintomi di tinnito (ronzio alle orecchie), soprattutto quando l’acufene non è causato da altre condizioni.
  • Obesità. È stata segnalata l’applicazione della terapia per supportare la perdita di peso nei soggetti obesi. Tuttavia, l’evidenza è limitata e l’efficacia della TENS nella perdita di peso rimane poco chiara.
  • Stipsi. La TENS è in grado di alleviare la costipazione senza produrre effetti negativi. Tuttavia, esiste una limitata evidenza che questo trattamento sia più efficace rispetto ad altre misure terapeutiche.

Inoltre, alcune ricerche scientifiche suggeriscono come la stimolazione elettrica nervosa transcutanea (TENS) possa migliorare i sintomi associati a:

AEROSOL

L’aerosolterapia è una tecnica di somministrazione dei farmaci, usata principalmente per la cura o la prevenzione di malattie da raffreddamento, infiammazioni ed infezioni delle vie aeree.
L’aerosolterapia necessita di un dispositivo che riduca le sostanze terapeutiche in microscopici corpuscoli, che riescono a raggiungere con maggiore facilità le mucose di naso, laringe, trachea, bronchi e polmoni.
La somministrazione per via inalatoria di un farmaco, mediante aerosolterapia, permette un’efficacia terapeutica elevata, soprattutto se si considera:

  • Il rapporto delle dosi terapeutiche necessarie;
  • La possibilità di curare selettivamente le vie aeree alte, medie o basse. Ad esempio, solo le particelle con un diametro aerodinamico inferiore ai 5 micron sono in grado di raggiungere bronchioli ed alveoli, in quantità significativa per esercitare la loro attività.

I vantaggi di tale via di somministrazione sono:

  • Massimo effetto a livello locale e rapida azione terapeutica: la biodisponibilità topica del farmaco è notevolmente aumentata e la diffusione sistemica risulta estremamente diminuita;
  • Il farmaco è diffuso direttamente al bersaglio da trattare;
  • Sono richiesti dosaggi ridotti del farmaco per sortire l’effetto terapeutico;
  • Minima incidenza di eventuali effetti collaterali, nettamente inferiori rispetto a quelli determinati dalla somministrazione sistemica. Diverse sostanze farmacologiche assunte per via inalatoria possiedono una scarsa biodisponibilità sistemica, poiché sono inattivate dagli enzimi polmonari (beta 2-agonisti) o inattivati al primo passaggio epatico (corticosteroidi);
  • Facile uso domiciliare, anche per bambini ed anziani.

In medicina, l’aerosol consiste nella dispersione in un mezzo gassoso (generalmente aria, ma anche ossigeno), di un liquido, una soluzione od una sostanza solida.
Il dispositivo per l’aerosol terapia, chiamato nebulizzatore, trasforma il farmaco in aerosol dalle gocce molto fini. Il liquido, immesso da un ugello, viene disperso da un diffusore, chene consente la veicolazione attraverso l’albero respiratorio. A seguito dell’inalazione, le particelle finissime (solide o liquide), sospese stabilmente nell’aerosol, si depositano e vengono assorbite dalle mucose delle vie aeree. L’aerosolterapia consente di ottenere, quindi, un’azione locale mirata, senza coinvolgere l’organismo a livello sistemico.

Fattori che influenzano la deposizione e l’efficacia terapeutica dei farmaci inalati

La diffusione dell’aerosol lungo le vie respiratorie è condizionata da diversi parametri, che dipendono dallo stesso farmaco o da caratteristiche anatomiche, fisiologiche e patologiche del paziente.

  • Natura del farmaco: struttura chimica, solubilità, igroscopia;
  • Preparazione farmaceutica (caratteristiche dell’aerosol):
    • Caratteristiche delle particelle nebulizzate: dimensione, densità, velocità, carica elettrica;
    • Formulazione (ad esempio: i composti liposolubili come il cortisone ed il desametasone, vengono assorbiti più rapidamente);
    • Sito di deposizione del farmaco e meccanismo di eliminazione;
    • Dispositivo di somministrazione: velocità di nebulizzazione, pressione e condizioni di erogazione.
  • Caratteristiche del paziente: sesso, età, morfologia dell’albero respiratorio, pervietà delle vie aeree e patologie presenti.
  • Caratteristiche dell’inalazione: volume inspirato, velocità dei flussi inspiratori, frequenza respiratoria, tempo di apnea.
Quando si usa: uso dell’aerosolterapia in varie condizioni cliniche

La terapia con l’aerosol non è associata solamente alla stagione invernale e alle malattie da raffreddamento, ma anche alla primavera e ai fenomeni allergici, che si presentano sempre più numerosi in questa stagione.
L’aerosolterapia permette di:

  • Umidificare le vie aeree;
  • Somministrare localmente i farmaci vaporizzati in soluzione fisiologica;
  • Ridurre i broncospasmi a carico del lume bronchiale e l’edema delle mucose respiratorie;
  • Rendere le secrezioni tracheo-bronchiali più liquide, in modo da facilitarne l’eliminazione.

Le sostanze terapeutiche più usate per via aerosolica sono:

L’aerosol è generalmente impiegato nella terapia di moltemalattie respiratorie, per le quali il modo più efficace di somministrare i farmaci è la via inalatoria: rinite, sinusite, tonsilliti, raffreddore, bronchite, polmonite, broncopolmonite, tracheiti, pertosse, polmoniti, faringiti ecc.
Altre indicazioni per l’uso dell’aerosolterapia includono la gestione delle riacutizzazioni ed il trattamento a lungo termine della malattia polmonare ostruttiva cronica (BPCO), il controllo terapeutico della fibrosi cistica, e la ricerca di un sollievo sintomatico nelle cure palliative. Un uso limitato dei nebulizzatori può essere indicato anche per la gestione dell’asma bronchiale.
L’efficacia della terapia è maggiore per via orale, mentre quella nasale trattiene gran parte della soluzione, che così non riesce a raggiungere le vie respiratorie più basse, come i piccoli bronchi. In generale, le particelle di diametro superiore agli 8 micron impattano a livello dell’orofaringe, mentre le particelle di un aerosol in grado di depositarsi a livello delle basse vie aeree hanno dimensioni comprese tra 0,5 e 5 micron. Inoltre, solo il 10-15% del farmaco erogato tende ad essere assorbito dai polmoni: per questo motivo è importante un uso corretto del nebulizzatore.

Attrezzatura: caratteristiche dei dispositivi per l’aerosolterapia

I nebulizzatori sono gli apparecchi per aerosolterapia più facili da utilizzare e permettono di inalare il farmaco respirando normalmente. La funzione di questi dispositivi consiste nel trasformare la sostanza terapeutica in minuscole goccioline (simili ad una nebbiolina). Il farmaco è introdotto in un’apposita ampolla di aerosolizzazione, di vetro o plastica, secondo dosi stabilite e prescritte dal medico. L’apparecchio per l’aerosol è costituito da un compressore di aria, che emette un flusso d’aria, il quale raggiunge l’ampolla, contenente il farmaco, mediante un tubo di plastica. Il flusso d’aria raggiunge un’elevata velocità e genera una depressione che aspira il farmaco dall’ampolla, producendo minuscole goccioline che rimangono in sospensione (miscela di gas + liquido = aerosol). La qualità dell’aerosol dipende molto dalle dimensioni delle goccioline di medicinale: più sono ridotte, più tendono a depositarsi uniformemente sulla mucosa delle vie aeree. In particolare, le particelle nebulizzate devono possedere dimensioni mediamente di 2-4 micron per ottenere un effetto curativo sulle basse vie respiratorie (soltanto le particelle più piccole riescono a raggiungere i bronchi in profondità).
Oltre al nebulizzatore e all’ampolla, il dispositivo comprende anche una serie di diversi accessori, da scegliere secondo le necessità:

  • Il boccaglio: va trattenuto tra i denti, con la bocca serrata ed il naso chiuso con le dita od una molletta. Se l’età e la capacità di collaborare del paziente lo permettono, il boccaglio è l’erogatore da preferire nella terapia inalatoria delle vie aeree inferiori. Rispetto alla maschera, infatti, evita che avvenga la deposizione nasale del farmaco (ricordiamo che il naso agisce da filtro, limitando l’effetto terapeutico della sostanza terapeutica).
  • La mascherina: deve essere utilizzata nei casi in cui l’utilizzo del boccaglio non sia facilmente applicabile, come nel caso dell’applicazione pediatrica.La maschera deve aderire bene al volto, in modo da non disperdere la soluzione all’esterno; deve coprire bocca e naso insieme. È il dispositivo più comodo da utilizzare, tuttavia può depositare l’aerosol anche su pelle del viso, occhi e mucosa nasale, la quale può filtrare la sostanza terapeutica prima che raggiunga la zona obiettivo del trattamento.
  • La forcella nasale: è utilizzata in caso di somministrazione diretta alla mucosa del naso; trova una scarsa applicazione reale (ad esempio, per determinate condizioni, si tende a preferire la doccia nasale).

Esistono due principali tipi di nebulizzatori per l’aerosolterapia:

  • Nebulizzatore pneumatico:
    • sfrutta un getto d’aria generato da un compressore per produrre particelle omogenee e stabili;
    • è dotato di una ampolla che garantisce una nebulizzazione di buona qualità;
    • economico e molto resistente, ma abbastanza rumoroso (fattore che può essere di disturbo per un paziente in età pediatrica).
  • Nebulizzatore ad ultrasuoni:
    • sfruttano la vibrazione dei cristalli di quarzo;
    • sono costosi, ma meno rumorosi di quelli pneumatici;
    • sono più rapidi nel tempo di nebulizzazione e garantiscono una vaporizzazione ottima;
    • possono modificare la struttura di alcuni farmaci inattivandoli, per la modalità con cui la sospensione è sottoposta a frammentazione.

Inalatore termale

Indicazioni Terapeutiche:

  • Riniti e rinosinusiti
  • Faringiti
  • Laringiti
  • Coadiuvante nelle otiti
  • Tracheobronchiti
  • Bronchiti anche a componente ostruttiva e asmatiforme
  • Sindrome rino-sinuso-bronchiale

Con l’approssimarsi della stagione fredda diventa molto più probabile soffrire di qualche problema o disturbo delle vie aeree superiori e inferiori, disturbi che possono beneficiare dell’impiego di un inalatore termale. Si tratta di un vasto gruppo di patologie che hanno cause scatenanti molto diverse fra loro e che colpiscono un numero elevato di bambini ma, a prescindere dalla tipologia, l’impiego di acqua termale di buona qualità porta spesso a un miglioramento delle condizioni.
Secondo varie stime condotte da gruppi di ricerca i nostri piccoli soffrono, in media, fra quattro e cinque di queste afflizioni all’anno durante i primi anni di vita: in seguito essi tendono a ridursi. Cira il 15% dei bambini in età prescolare è a rischio di asma bronchiale o rinite allergica e il 6% andrà incontro a qualche infezione del tratto respiratorio.
Come detto, l’insieme di questi problemi è molto vasto: raffreddore, allergie, tonsillite, faringite, bronchiti e asma, laringite, otiti, sinusite e riniti sono fra le più importanti e molte di loro possono essere recidivanti e presentarsi quindi in più occasioni durante l’anno.
Durante la stagione fredda hanno una diffusione più ampia, sia a causa delle temperature rigide che per via della diffusione di vari virus, ma anche cause quali l’inquinamento ambientale o il fumo passivo contribuiscono al loro sviluppo.

Accanto a vari trattamenti medici, si mostra spesso efficace una cura con acque termali, che può essere attuata sia recandosi direttamente presso i maggiori stabilimenti del Paese sia, con un notevole risparmio economico e di tempo, utilizzando un inalatore termale.
Cresce continuamente il numero di opinioni e pareri positivi nei confronti di questi strumenti, in grado di nebulizzare acque dalle notevoli proprietà curative quali quelle di Sirmione o Tabiano, acque sulfuree e salsobromoiodiche, che spesso portano a una remissione o completa guarigione.
Il macchinario, dalla composizione piuttosto semplice, è in grado di prelevare l’acqua termale contenuta nelle bottiglia, procedendo poi a creare un getto caldo umido di liquido nebulizzato, la cui temperatura può aggirarsi attorno ai quaranta gradi che, erogata attraverso un beccuccio, viene quindi inalata dal bambino.
La nebbia prodotta ha particelle di dimensioni più grandi rispetto a quella prodotta da apparecchi simili ed è la principale differenza con l’aerosol: le particelle avendo dimensioni maggiori agiscono principalmente nelle alte vie aeree e, oltre a curare direttamente la patologia del caso, agiscono come emollienti delle secrezioni e hanno anche un effetto rilassante sulla muscolatura delle zone trattate.
La nebbia prodotta ha particelle di dimensioni più grandi rispetto a quella prodotta da apparecchi simili ed è la principale differenza con l’aerosol: le particelle avendo dimensioni maggiori agiscono principalmente nelle alte vie aeree e, oltre a curare direttamente la patologia del caso, agiscono come emollienti delle secrezioni e hanno anche un effetto rilassante sulla muscolatura delle zone trattate.

Inoforesi

I benefici di questa terapia indolore e efficace.

La ionoforesi per assicurare a chi soffre di lombalgia, dolori al ginocchio, sciatica e artrosi, strappi muscolari, iperidrosi e infiammazioni un metodo di cura che funziona in tempi rapidi).

La ionoforesi è una tecnica fondamentale per la cura dei dolori osteoarticolari. Mal di schiena, infiammazioni al ginocchio e strappi muscolari, sudorazione eccessiva sono tra i malesseri più comuni che possono trovare sollievo e guarigione grazie alla ionoforesi. Vediamo insieme i benefici di questa terapia indolore e efficace.
Lo sviluppo tecnologico delle apparecchiature elettromedicali permette, oggi, di assicurare a chi soffre di lombalgia, dolori al ginocchio, sciatica e artrosi, strappi muscolari, iperidrosi e infiammazioni un metodo di cura che funziona in tempi rapidi.
Che cosa si intende per ionoforesi? Il termine sta per “trasporto di ioni”: si tratta di una cura che è in grado di somministrare un farmaco direttamente nella zona del corpo interessata, grazie a un sistema di corrente continua. La ionoforesi si applica tramite dispositivi predisposti per trasferire i medicinali “ionizzati” per via epidermica, senza bisogno di iniezioni e punture, semplicemente applicando due elettrodi sul corpo del paziente.
La ionoforesi presenta molti vantaggi rispetto a farmaci somministrati per via orale o tramite ago:

  • può somministrare dosi più concentrate di medicinali rispetto ai farmaci da prendere per bocca
  • evita gli effetti collaterali, perché il medicinale “giunge subito a destinazione” e non va ad interessare altri organi
  • proprio perché è una cura localizzata, è più veloce e il paziente trova più rapidamente sollievo dal suo malessere
  • per molti pazienti, gli elettrodi hanno l’effetto di  un massaggio gradevole.

In quali situazioni è efficace la ionoforesi? Molti conoscono terapie di ionoforesi per iperidrosi, una disfunzione delle ghiandole sudoripare che può essere anche molto fastidiosa. Il  vecchio detto “sudare sette camicie” in questo caso è più di un modo di dire.
Sudare troppo, per chi è affetto da iperidrosi, è una problema quotidiano: avere mani, piedi e ascelle bagnate significa trovarsi spesso in situazioni imbarazzanti.
Chi soffre di sudorazione eccessiva si sente a disagio nella vita quotidiana: negli ambienti di lavoro, in ufficio, al ristorante, in occasioni importanti. Essere affetti da iperidrosi, in molti casi, vuol dire affrontare tutti i giorni situazioni di imbarazzo e vergogna.
La ionoforesi è un rimedio concreto per curare la sudorazione eccessiva.
La cura, in questo caso, non richiede l’assunzione di alcun farmaco perché il semplice passaggio di corrente aiuta a regolare l’attività delle ghiandole sudoripare.
Chi frequenta i centri sanitari e di benessere parla spesso di ionoforesi estetica. Questa terapia, infatti, è in grado di ridurre le macchie cutanee, ma agisce anche sulle cicatrici da acne e può aiutare chi soffre di psoriasi. La ionoforesi estetica viene scelta anche per ridurre gli inestetismi della cellulite.

Gli esperti consigliano la ionoforesi, inoltre, per curare dolori osteoarticolari di vario tipo: artrosi, infiammazioni, dolori alla parte bassa della colonna vertebrale. Si usano terapie di ionoforesi per curare i dolori al ginocchio; per i casi di sciatica e mal di schiena.
Si parla di ionoforesi terapia, in particolare, per persone che soffrono di dolori osteoarticolari ma non possono o non vogliono ricorrere ad operazioni chirurgiche. Molte persone che soffrono di ernie o mal di schiena possono trarre vantaggio da una cura elettroterapica e riescono così a evitare di passare molti giorni in ospedale per un intervento.
Gli sportivi e coloro che, per diversi motivi, sono soggetti a strappi muscolari  e contratture trovano una soluzione rapida nella ionoforesi.
Il grado di efficacia della cura è molto alto e le controindicazioni sono pochissime.
Non devono seguire cure elettroterapiche:

  • Coloro che hanno un pacemaker
  • Coloro che soffrono di epilessia
  • Pazienti che hanno una ridotta sensibilità della pelle
  • Persone con una lesione cutanea nell’area interessata al trattamento
  • Le donne in gravidanza.

Le cure di ionoforesi si possono richiedere presso centri specializzati  ma si possono eseguire anche a casa propria, acquistando il dispositivo specifico, seguendo le prescrizioni del medico e le istruzioni del prodotto acquistato. Gli apparecchi oggi disponibili sul mercato sono sicuri, facili da usare e, in alcuni casi, di dimensioni pratiche per essere trasportati.
Scegliere un dispositivo per la ionoforesi ad uso domestico è vantaggioso perché, in questo modo, non si deve sempre uscire di casa e recarsi in ambulatorio per la terapia.
La cura può essere sistematica e costante, senza fatica.
Chi può trarre grande beneficio da un apparecchio portatile per la ionoforesi?

  • persone che soffrono di iperidrosi, che hanno bisogno di rinnovare la terapia di frequente;
  • pazienti che hanno mal di schiena e strappi muscolari, che si stancano di più a muoversi;
  • coloro che vogliono curarsi in autonomia, scegliendo con maggiore libertà tempi e modi per praticare la cura.

Riassumendo, i vantaggi della ionoforesi sono:

  • È un rimedio efficace e indolore
  • È versatile e serve a curare molti dolori osteoarticolari differenti
  • Aiuta chi non vuole sottoporsi a interventi chirurgici, per alcuni tipi di infiammazioni o malesseri alle articolazioni
  • È un valido aiuto in caso di inestetismi come cellulite e macchie cutanee
  • Permette di curarsi anche a casa propria, grazie a dispositivi specifici.

Ultrasuoni

L’ultrasuono terapia è un tipo di trattamento per la cura efficace, tra le altre cose, di patologie tendinee, legamentose e muscolari che potete effettuare presso il Poliambulatorio Santa Lucia.
Ma, per prima cosa, è bene specificare cosa sono gli ultrasuoni per meglio comprendere la terapia ed i suoi utilizzi.
Sono delle vibrazioni acustiche ad alta frequenza, ma non possiamo ad orecchio sentirle perché non fanno parte dei suoni che noi possiamo in natura percepire.
Queste onde sonore che vengono tecnicamente chiamate ultrasuoni nascono da alcuni cristalli minerali che sotto l’effetto di un campo elettrico di corrente alternata danno vita a queste vibrazioni.
Sulla pelle al passaggio di questi ultrasuoni si ha una sensazione di calore, ma non è solo questa la proprietà curativa di questa tecnica, perché gli ultrasuoni sono in grado di penetrare in profondità per un micromassaggio di notevole intensità.
Come accennavamo, uno degli utilizzi dell’ultrasuono terapia maggiori è sicuramente in fisioterapia: specifichiamo infatti che da soli non possono curare nessuna patologia ma, uniti ad altre corrette terapie, possono migliorare diversi problemi e aumentare l’efficacia delle terapie connesse.
Una delle patologie che grazie agli ultrasuoni trae maggior giovamento è sicuramente il colpo di frusta, perché grazie al movimento interno che provoca questo massaggio il liquido infiammatorio viene smosso e tende ad estinguersi: sicuramente il dolore passa più in fretta e diventa più veloce anche la guarigione.
Gli ultrasuoni vengono utilizzati anche come coadiuvante di altre terapie anche per la cura del morbo di Dupuytren, si tratta di piccoli noduli inizialmente presenti nel palmo della mano che col tempo diventano filamenti non elastici che possono portare a difficoltà con forte dolore nel movimento delle dita, fino alla totale atrofia se non curato correttamente.

L’Ultrasuono terapia viene consigliata anche in caso di presenza di sciatalgie, ma attenzione perché sono altamente controindicati se l’utilizzo va localizzato troppo vicino agli organi sessuali.
Gli ultrasuoni sono particolarmente efficaci per la cura di capsuliti, tendiniti, borsiti, artrosi, ematomi organizzati, infiammazioni articolari, tessuti cicatriziali, flogosi e calcificazioni. Per fare un esempio di efficacia di questa terapia, è scientificamente provato che in caso di cura ad ultrasuoni nella rottura della tibia, il paziente guarisce in tempi brevi pari al 40% in più rispetto a chi non utilizza questo tipo di terapia.
Gli ultrasuoni quindi possono ridurre il dolore e in presenza di liquidi sottocutanei ne aiutano la corretta eliminazione.
Le tecniche utilizzate per infondere questo tipo di terapia sono prevalentemente due: per contatto quindi passando sulla pelle nelle zone coinvolte un apparecchio atto a generare gli ultrasuoni oppure per immersione dove viene messo in acqua la zona da irrorare con ultrasuoni (questo quando la parte da trattare è piccola o altamente dolorante).
E’ bene infine fare un piccolissimo cenno alle controindicazioni per questa terapia per poterla valutare appieno:
per i portatori di pacemaker o in presenza di protesi metalliche è sconsigliato l’utilizzo di ultrasuoni se non necessari e valutati da professionisti; anche chi soffre di problemi come ad esempio vene varicose o flebiti è bene non utilizzino questo tipo di terapia.
L’azione massaggiante e antinfiammatoria della terapia ad ultrasuoni aiuta molto nella cura di questo morbo e se preso in tempi iniziali anche alla completa eliminazione del problema.

Sfigmomanometro

Lo sfigmomanometro è lo strumento attraverso il quale è possibile determinare la pressione sanguigna arteriosa.

La pressione arteriosa è un parametro vitale molto importante, poiché sue alterazioni – in difetto o in eccesso – possono dare origine, oppure essere indice, di disturbi molto gravi.
L’invenzione dei primi modelli di sfigmomanometro risale alla seconda metà dell’ottocento, ma fu solo alla fine del medesimo secolo che il medico italiano Scipione Riva-Rocci inventò il primo sfigmomanometro a mercurio, ancora oggi utilizzato.
Attualmente, in commercio esistono moltissime tipologie di sfigmomanometro, liberamente acquistabili e utilizzabili da chiunque. Tuttavia, è doveroso precisare che l’uso di un simile strumento deve essere effettuato seguendo alcune importanti regole al fine di evitare errori di misurazione.

Che cos’è lo Sfigmomanometro e a Cosa Serve?

Lo sfigmomanometro è lo strumento che viene utilizzato – a livello sia medico che domestico – per la misurazione della pressione sanguigna arteriosa.
Grazie a questo strumento, è possibile ottenere i valori sia della pressione sistolica che della pressione diastolica. La pressione sanguigna è un parametro vitale estremamente importante che, in particolare nei soggetti a rischio, deve essere tenuto sotto controllo allo scopo d individuare tempestivamente la presenza di condizioni potenzialmente pericolose per la vita del paziente.

Tipi di Sfigmomanometro

Come accennato, in commercio si possono reperire differenti tipologie di sfigmomanometro che, tuttavia, possono essere classificate in due grandi gruppi sulla base della modalità di funzionamento. Più nel dettaglio, è possibile distinguere gli sfigmomanometri manuali e analogici dagli sfigmomanometri elettronici che misurano la pressione arteriosa in maniera automatica.
Generalmente, gli sfigmomanometri elettronici possono essere utilizzati anche dalle persone meno esperte e, per tale motivo, sono gli strumenti maggiormente impiegati per il controllo costante della pressione a livello domestico.
Ad ogni modo, di seguito verranno analizzate più nel dettaglio le principali caratteristiche delle diverse tipologie di sfigmomanometro, ne verrà brevemente descritta la modalità d’uso e saranno elencati i principali vantaggi e svantaggi.

Sfigmomanometro Manuale: caratteristiche

Lo sfigmomanometro manuale è uno strumento il cui utilizzo è interamente manuale e non prevede alcun tipo di componente elettronica. Lo sfigmomanometro manuale viene comunemente utilizzato in ambito clinico e ospedaliero, o comunque da personale sanitario. Tuttavia, se si possiedono le conoscenze necessarie, esso può essere utilizzato anche a livello domestico; in caso contrario, è meglio ricorrere all’utilizzo di strumenti completamente automatizzati. Difatti, per poter effettuare la misurazione della pressione sanguigna sistolica e diastolica con lo sfigmomanometro manuale – come si vedrà di seguito – è necessario saper utilizzare anche il fonendoscopio (o stetoscopio che dir si voglia).

Sfigmomanometro a Mercurio

Lo sfigmomanometro a mercurio può essere considerato come il capostipite degli sfigmomanometri manuali più moderni.
A onor del vero, questo strumento trova impiego ancora oggi, benché il suo utilizzo non sia raccomandato a causa della tossicità del mercurio e della difficoltà che comporta il suo smaltimento.
Lo sfigmomanometro a mercurio è composto di un manicotto di tela che ricopre una camera d’aria collegata ad una pompetta dotata di valvola metallica e alla caratteristica colonnina di mercurio. A fianco di quest’ultima, è presente una scala graduata che riporta i diversi valori pressori espressi in millimetri di mercurio (mmHg). La lettura di tale scala avviene nel medesimo modo con cui si legge la scala del classico termometro a mercurio utilizzato per misurare la temperatura corporea.

Sfigmomanometro Aneroide

Lo sfigmomanometro aneroide è un tipo di misuratore di pressione manuale privo di mercurio. È anch’esso dotato di un manicotto costituito da una camera d’aria che deve essere gonfiata mediante l’apposita pompetta – dotata di valvola metallica ad essa collegata.
Al posto della colonnina di mercurio, però, lo sfigmomanometro aneroide possiede un manometro a orologio con ago mobile. Quest’ultimo presenta una scala graduata in millimetri di mercurio (mmHg) ed è collegato tramite tubi di gomma alla pompetta utilizzata per il gonfiaggio del manicotto.

Modo d’uso

La misura della pressione sanguigna con sfigmomanometro manuale può essere effettuata mediante due differenti metodi:

  • Metodo palpatorio: prevede l’uso del solo sfigmomanometro manuale ma permette la misurazione della sola pressione sistolica. Non verrà preso in considerazione in questo articolo.
  • Metodo auscultatorio: prevede l’utilizzo sia dello sfigmomanometro che del fonendoscopio e permette di rilevare sia la pressione sistolica che quella diastolica. È il metodo che verrà preso in considerazione in quest’articolo.

La modalità d’uso dello sfigmomanometro manuale può essere riassunta nelle seguenti fasi:

  • Infilare il manicotto nel braccio e allacciarlo all’altezza del bicipite, per intenderci, sopra al gomito dal quale è necessario essere distanti qualche centimetro. Il manicotto deve essere di una dimensione adeguata alla circonferenza del braccio del paziente al fine di evitare errori di misurazione (in commercio sono disponibili manicotti di diversa misura che coprono svariati range di circonferenza). Inoltre, si ricorda che il manicotto non deve essere eccessivamente stretto (generalmente, fra il manicotto e il braccio si lascia uno spazio di circa un dito).

Una volta sistemato il manicotto, è necessario posizionare la campana del fonendoscopio appena sotto di esso, in corrispondenza della piega del braccio, per poter percepire i rumori provenienti dall’arteria brachiale. Naturalmente, prima di procedere con la misurazione è necessario posizionare gli auricolari del fonendoscopio nelle orecchie.

  • Utilizzando la pompetta si procede al gonfiaggio del manicotto che deve proseguire fino a quando non si avvertono più pulsazioni a livello dell’arteria brachiale, segno che il flusso sanguigno è stato interrotto dalla pressione esercitata dal manicotto gonfio. Nel momento in cui non si avvertono più pulsazioni, alcuni consigliano di aumentare ulteriormente la pressione del manicotto di altri 20 mmHg.
  • Dopodiché, il manicotto deve essere lentamente sgonfiato utilizzando l’apposita valvola presente sulla pompetta. Durante quest’operazione, ad un certo punto si percepirà una sorta di schiocco, segno della ripresa del flusso sanguigno. Nel momento in cui si sente il rumore in questione, è necessario leggere il valore pressorio sulla scala graduata dello sfigmomanometro, determinando in questo modo la pressione sistolica o massima. Man mano che si procede con lo sgonfiaggio, il rumore percepito assumerà il ritmo del battito cardiaco e diminuirà fino a scomparire del tutto. A questo punto, è necessario controllare nuovamente la scala graduata determinando in questo modo il valore della pressione diastolica o minima.
Vantaggi e Svantaggi

Il principale vantaggio dello sfigmomanometro manuale risiede nella sua elevata precisione (soprattutto per quel che riguarda lo sfigmomanometro a mercurio) che, tuttavia, risulta essere tale solo se lo strumento è utilizzato correttamente. Questo grande vantaggio è, pertanto, collegato ai più grandi svantaggi dello strumento in questione, ossia il difficile utilizzo e la necessità di avere sufficiente conoscenza del metodo manuale di misurazione della pressione. Infatti, si ricorda che – per poter determinare la pressione sia sistolica che diastolica – è indispensabile l’utilizzo di un fonendoscopio. Ne consegue che l’operatore deve essere necessariamente in grado di distinguere e interpretare i suoni di Korotkoff.

Sfigmomanometro Elettronico: caratteristiche

Lo sfigmomanometro elettronico è un misuratore di pressione che determina la pressione sistolica e diastolica elettronicamente.
Lo strumento in questione è dotato di un manicotto costituito da una camera d’aria che, attraverso un tubo di gomma, è collegato ad un apparecchio elettronico. L’apparecchio elettronico in questione è capace di gonfiare e sgonfiare il manicotto e – attraverso un apposito sensore capace di individuare le variazioni di pressione – esso raccoglie ed elabora i dati, mostrando poi i valori pressori su uno schermo digitale.

Modo d’uso

L’uso degli sfigmomanometri elettronici è decisamente più semplice rispetto all’uso degli strumenti manuali.
In questi casi, infatti, dopo aver allacciato il manicotto nella posizione corretta sul braccio, è sufficiente premere il tasto dedicato per azionare lo strumento. L’apparecchio elettronico, quindi, provvederà a gonfiare il manicotto e poi a sgonfiarlo lentamente, raccogliendo i dati e mostrando i risultati della misurazione sul display.

Vantaggi e Svantaggi

I principali vantaggi dello sfigmomanometro elettronico consistono sostanzialmente in:

  • Semplicità d’uso;
  • Rapidità di misurazione;
  • Possibilità di utilizzo dello strumento anche da parte d’individui inesperti poiché non sono richieste particolari conoscenze;
  • Riduzione degli errori causati dall’osservatore (errori di lettura, arrotondamento, ecc.);
  • Possibilità di fornire anche altre informazioni, come la frequenza cardiaca;
  • Possibilità di possedere funzioni aggiuntive (ad esempio, la sveglia per ricordare di eseguire la misurazione tutti i giorni alla stessa ora, la funzione memoria per tenere traccia dei valori pressori passati, ecc.).

Gli svantaggi, invece, consistono sostanzialmente nel costo – decisamente elevato per gli strumenti più complessi ed evoluti – e nella precisione di misurazione che può essere inferiore rispetto alla determinazione dei valori pressori mediante sfigmomanometro manuale (purché quest’ultimo venga utilizzato da personale specializzato).

Sfigmomanometro Elettronico da Polso

Lo sfigmomanometro elettronico da polso può essere considerato come una sorta di variante più semplice da utilizzare del comune sfigmomanometro elettronico dotato di manicotto
Gli sfigmomanometri di questo tipo misurano la pressione arteriosa al polso e hanno riscosso notevole successo nell’ambito della misurazione della pressione a livello domestico. Tuttavia, rispetto agli sfigmomanometri elettronici con manicotto, quelli da polso presentano svantaggi degni di nota, quali:

  • Possibilità di commettere errori dovuti alla pressione differenziale idrostatica fra braccio e cuore. Anche in questo caso, infatti, per evitare errate misurazioni, il polso dovrebbe trovarsi all’altezza del cuore.
  • Possibilità di errori nella misurazione dovuti a movimenti del polso – anche involontari – effettuati mentre lo strumento è in funzione.

Pertanto, a causa degli svantaggi di cui sopra, è consigliabile preferire uno sfigmomanometro che effettui la misurazione della pressione arteriosa al braccio piuttosto che al polso.

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